CORSO A.GUIDA – MODULO ROCCIA
Durante le prime giornate di luglio si è svolto il modulo di roccia del corso di formazione professionale per aspiranti Guide Alpine della Lombardia.
Questo momento di formazione è sempre una bella occasione per trovarsi in uno dei più suggestivi scenari delle Dolomiti in una stagione dove solitamente si iniziano le prime arrampicate in montagna con la motivazione e l’entusiasmo alle stelle.
Il gruppo degli istruttori coinvolti in questa importante fase della formazione è quello che io definisco il “Dream Team” in quanto è composto da alcuni dei più brillanti professionisti che abbiamo la fortuna di avere in casa. Inoltre l’affiatamento speciale e l’amicizia che ci lega produce sempre un devastante effetto di buonumore che rende assolutamente invidiabile il nostro lavoro a dispetto del grande impegno che occorre mettere e delle responsabilità che si hanno.
Il modulo parte al Rifugio Dibona proprio sotto il versante sud della Tofana che indubbiamente incute il suo meritato rispetto dovuto alla maestosità delle sue forme e anche al fatto che queste pareti sono state testimoni di alcune delle pagine più esaltanti della storia dell’alpinismo dolomitico. “Pompanin-Dimai”, “Costantini-Apollonio”, “Costantini-Ghedina” tutti itinerari di primordine e l’incredibile linea della ”Dimai-Eotvos” che solo a guardarla si scatena l’immaginazione con le immagini delle due avventurose baronesse svedesi, Ilona e Rolanda vestite con le gonne lunghe e legate alla corda dell’intrepida guida alpina Antonio Dimai, senza dimenticare le più moderne e temibili vie del Mox (Massimo Da Pozzo).
La prima giornata è stata dedicata alle manovre di sicurezza ed è stata un po’ la prova del nove di quella settimana, che gli allievi hanno passato nelle mani delle due macchine da guerra dei nodi, che si chiamano Zappa e Fiorelli e da cui succede spesso di uscire con una sensazione di leggero smarrimento consapevoli che fino a quel momento si è sbagliato quasi tutto.
La seconda giornata il direttore di orchestra è Ermanno Salvaterra che non ha bisogno di presentazioni altrimenti bisognerebbe riempire intere pagine di impossibili storie di bufere, di bivacchi appesi nel vuoto con il vento che ti vortica attorno, di enormi funghi di ghiaccio spugnoso che incombono sinistri. Questa volta Ermanno spiega con dedizione, quasi con timidezza, come si sale leggeri sulle staffe, come si recupera un saccone della BD riempito di macigni, come si utilizzano i jumar per risalire le corde senza che diventi una fatica improba, come si sale in solitaria quando il compagno ha deciso di non seguirti. Mi piace molto questa giornata perché si insegnano le vere tecniche dell’alpinismo.
Il terzo giorno il tempo è bello e finalmente si parte per le salite. Niente di particolarmente difficile ma l’obiettivo per i formatori è quello di far capire che c’è un abisso tra il salire le montagne con il proprio socio e l’accompagnare un allievo, un cliente. Non è facile trasmettere questa differenza soprattutto perché il cliente vero non c’è e tutti quelli che sono diventati delle guide, sono sicuro, si ricordano il primo giorno in cui si sono trovati legati con una persona che ti si affida completamente.
Il quarto giorno il tempo meteorologico dice basta. Piove, nubi sfilacciate ovunque tra le guglie che si intravedono appena, vento, freddo cane. Allora si ripassano le manovre sotto un sasso quasi riparato e si mettono a punto le idee per le giornate dove si dovrà agire. In serata con un po’ di dispiacere si decide di trasferirsi ad Arco patria incontrastata della roccia e dell’arrampicata in tutti i suoi stili.
Quinto, sesto, settimo giorno il tempo tiene ma, considerando che siamo ad Arco, dover scalare con la felpa ai primi di luglio, veramente non ci si capisce più niente. Alla faccia dei luoghi comuni alla “Non c’è più il tempo di una volta”. Si salgono vie alpinistiche che nulla hanno da invidiare per difficoltà e temerarietà a quelle delle Dolomiti: Monte Casale, Piccolo Dain, Colodri, Mandrea, Pian della Paia. Gli allievi rispondono bene, sono un bel gruppo affiatato e imparano un sacco di cose. Il programma è salvo, forse dovremo insistere maggiormente su terreni più classici da percorrere a corda corta, il terreno di eccellenza della guida. Ma avremo tanto tempo nei moduli che ancora hanno da venire.
Io, il direttore, ho scalato con i gruppi un paio di volte. L’ultimo giorno abbiamo fatto una via un po’ difficilina, non per i miei gusti, ma per le mie possibilità attuali. Ero legato con un capocordata che con indifferenza ha affrontato il caldo (primo giorno), le scarpe strette con i piedi che pulsano, gli appigli appena disegnati sulla roccia ed il finto cliente (io) che ha avuto bisogno di un poco di assistenza.
Mi sono divertito, diventeranno delle bravissime guide alpine.
Direttore del corso
Andrea Sarchi